Sintesi dell’articolo di Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, su Il Mattino

Tra le tante scelte che abbiamo di fronte da troppo tempo e che mi paiono arrivate a un punto di possibile rottura, quella dell’autonomia differenziata, del futuro assetto dello Stato e delle sue articolazioni, sarà sicuramente tra le più discusse nei prossimi tempi. (…) In questo Governo il Mezzogiorno non è adeguatamente rappresentato né nella sua maggioranza, né in nessun dicastero di peso e sarà schiacciato da dinamiche squisitamente interne ai partiti di maggioranza.

La riduzione delle opportunità e dei bisogni di cui necessita il Mezzogiorno ha generato un appiattimento della nostra capacità di interpretazione e soluzione al divario nazionale. Ho provato fin dal primo momento a spiegare che per il Mezzogiorno il Next Generation da cui è nato il Pnrr non poteva, e non doveva, essere rappresentato solo nella sua componente di investimenti pubblici. (…) Doveva essere la grande occasione anche per riformarne il suo funzionamento, per offrire soluzioni di continuità ai suoi ritardi amministrativi, per garantire alle imprese opportunità di crescita internazionale, per migliorare l’offerta formativa dei suoi atenei, per riequilibrare il fisco a favore della produzione e del lavoro, per rendere più efficiente l’amministrazione della giustizia nei suoi tribunali. (…)

Io credo che i progressisti e il mio partito, il partito democratico, debbano affrontare più correttamente quella che, utilizzando un vecchio termine forse desueto, alcuni chiamano ancora questione meridionale. La questione dell’autonomia ci appartiene, da sempre. Sarebbe assai curioso un nostro ritorno ad un improbabile  neo-centralismo, conservativo dello stato in cui versa la nostra architettura istituzionale. (…)

Il congresso vedrà il PD rifondare la propria visione di Paese e non potrà che accettare sia il tema della riforma complessiva dello Stato che il tema del Mezzogiorno, del suo sviluppo, economico, istituzionale e democratico. Recuperare una visione riformatrice su questi aspetti sarà essenziale per rinnovare profondamente il Partito Democratico. Che ciò avvenga attraverso un improbabile referendum sull’accettare o meno l’autonomia, qualunque essa sia, sarebbe fatale, per tutta la sua classe dirigente e comprometterebbe irrimediabilmente la sua capacità di essere compiutamente partito nazionale.

Articolo integrale su Il Mattino

 

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