Principali proposte e azioni

  • Apriremo un Forum nazionale per il lavoro e per il clima, per un’intesa che possa articolarsi in patti ambientali territoriali per la piena “occupazione verde” attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori economici, sociali, culturali e istituzionali e per promuovere nuove competenze dei lavoratori investiti dalla transizione verde.
  • Lanceremo un Piano nazionale per il risparmio energetico per evitare il più possibile gli sprechi energetici, rendendo più efficaci gli incentivi fiscali per l’efficientamento energetico degli edifici. A livello europeo lavoreremo per politiche energetiche coordinate, a partire dalla fissazione di un tetto al prezzo del gas.
  • Aumenteremo drasticamente la quota di rinnovabili prodotte in Italia, anche attraverso lo sviluppo delle Comunità energetiche, con l’obiettivo di installare 85 GW di rinnovabili in più entro il 2030. Un obiettivo ambizioso ma realistico che porterà, secondo alcune stime, alla creazione di circa 500 mila nuovi posti di lavoro.
  • Azzereremo la burocrazia e daremo incentivi alle imprese che installano rinnovabili sui capannoni e nelle aree produttive, con attenzione specifica alle PMI.
  • Introdurremo una riforma fiscale verde, anche attraverso la progressiva riduzione dei SAD (Sussidi Ambientalmente Dannosi), che promuova gli investimenti di imprese e famiglie a difesa dell’ambiente e renda vantaggiosa la transizione.
  • Lavoreremo all’approvazione di una Legge quadro sul clima sul modello di quella di altri paesi europei e al rapido aggiornamento del PNIEC (Piano nazionale integrato Energia e Clima) per renderlo coerente ai nuovi obiettivi europei.
  • Metteremo in sicurezza il nostro Paese grazie a: un Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico e la responsabilità energetica, con fondi dedicati ai Comuni che presentino progetti per azioni in questa direzione (es.: forestazione urbana); un forte investimento sul sistema dei Parchi e delle aree terrestri e marine protette per la tutela della biodiversità e lo sviluppo locale sostenibile; un Piano nazionale per l’acqua, la siccità e il contrasto al dissesto del territorio che investa nell’efficientamento della rete idrica, nella costruzione di nuovi invasi, in interventi di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua anche attraverso i Contratti di fiume e nell’adozione di sistemi per il recupero e il riutilizzo delle acque da parte delle imprese.
  • Introdurremo un nuovo contratto “luce sociale” per microimprese e famiglie con redditi medi e bassi con fornitura elettrica prodotta totalmente da fonti rinnovabili e gratuita fino ad un massimo di 1.350 KWh/anno per famiglia (pari al 50% del consumo medio), con prezzi comunque calmierati sulla parte eccedente.
  • Incentiveremo la mobilità sostenibile attraverso la gratuità del Trasporto pubblico locale per giovani e anziani e l’installazione di almeno 100.000 colonnine elettriche e di 30.000 punti di ricarica rapida entro il 2027.
  • Sbloccheremo subito i decreti “end of waste” per l’economia circolare e realizzeremo impianti moderni ed efficienti, con canali autorizzativi privilegiati, prevedendo forme di coinvolgimento e dibattito pubblico sui territori interessati.
  • Approveremo una legge sul consumo di suolo e sulla rigenerazione urbana, promuovendo un’Agenda nazionale delle politiche urbane che contribuisca al contrasto dell’inquinamento atmosferico.
  • Creeremo un “IPCC italiano”: un nuovo forum scientifico italiano sulla lotta al cambiamento climatico, che lavori a stretto contatto con le istituzioni nazionali, sul modello dell’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU.

Italia 2027: la nostra visione

La transizione ecologica rappresenta una grandissima occasione per ammoder­nare l’Italia e reindirizzarne la traiettoria di sviluppo in uno scenario di sostenibi­lità. La sfida della lotta al cambiamento climatico non deve essere combattuta in chiave difensiva. Dobbiamo al contrario avere la forza di operare un cambio di para­digma, per costruire un modello che guardi agli interessi non solo dei singoli attori economici, ma della comunità nel suo complesso, di oggi e delle future generazioni.

Dobbiamo agire subito. Lo dimostrano le immagini di questa estate: le ondate di calore e la siccità estrema indicano chiaramente come il futuro del nostro pianeta, del nostro benessere sociale e della nostra economia siano indissolubilmente lega­ti. Rallentare sul fronte della transizione ambientale (o peggio ancora fermarsi) non è un’opzione. Perché significherebbe accettare impotenti l’aumento di catastrofi ambientali, quali quelle già vissute in questi anni, dal crollo del ghiacciaio della Mar­molada alle alluvioni dell’autunno scorso. Perché significherebbe trasformare tante aree del nostro Paese, a partire dalle aree più cementificate delle grandi città, in po­sti invivibili. Perché significherebbe condannare all’arretratezza tantissime imprese che già oggi soffrono i danni del cambiamento climatico o la concorrenza di Paesi esteri più avanzati sul fronte dell’innovazione verde.

Il pacchetto europeo FitFor55, con il suo obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ha indicato chiaramente qual è il percorso da intraprendere. Dobbia­mo fissare obiettivi climatici realistici ma ambiziosi, mettendo in campo strumenti capaci di garantire una transizione socialmente equa e di rafforzare l’innovazione e la competitività della nostra industria. Per questo vogliamo approvare una Legge quadro sul clima, sul modello di quella di altri Paesi europei, che affronti in modo organico e integrato la sfida della neutralità climatica.

Vogliamo portare avanti i nostri obiettivi nel solco di un rafforzato impegno interna­zionale, perché quella climatica è una sfida globale. Se negli ultimi anni si è riuscito a ottenere un cambio di passo, in Italia e nel mondo, è perché l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici ha fornito un quadro comune di azione, all’interno del quale governi, imprese e investitori hanno potuto orientarsi. L’Inflation Reduction Act vo­luto dal Presidente Biden prevede un investimento di oltre 370 miliardi di dollari in programmi per il clima e l’energia e consentirà agli USA di tagliare del 40% le emis­sioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Si tratta di una decisione storica per gli Stati Uniti.

Per noi, transizione ecologica e sostenibilità significano la creazione di un model­lo di sviluppo fatto di benessere diffuso. Sulla base di questo approccio abbiamo costruito a livello europeo Next Generation EU e a livello italiano il PNRR. Due stru­menti in cui la destra non ha mai creduto proprio perché scommettono sulla soste­nibilità come motore di ripartenza del Paese.

Investire subito, da oggi, nell’energia pulita è tre volte strategico. Primo, perché contrasta il cambiamento climatico abbattendo le emissioni di CO2. Secondo, per­ché taglia in maniera strutturale il prezzo delle bollette per famiglie e imprese e crea nuovi posti di lavoro. Terzo, perché rafforza la nostra sicurezza nazionale, riducen­do la dipendenza dall’importazione di fonti fossili dall’estero. Rinnovabili e risparmio energetico sono per noi le due strade da perseguire con uguale determinazione.

Per un domani senza fonti fossili già oggi gli investimenti devono, il più possibile, concentrarsi sull’energia pulita e non inseguire la discussione sulla costruzione di centrali nucleari: perché i tempi di realizzazione e le tecnologie esistenti non sono compatibili con una riduzione significativa delle emissioni entro il 2030 e non risol­vono i problemi ambientali e di sicurezza ad esse associati.

Altra cosa è il tema dei rigassificatori, il ricorso ai quali appare necessario, ma a condizione che costituiscano soluzioni-ponte, rimanendo attivi pochi anni, e che possano essere smobilitati ben prima del 2050, per non interrompere la prospettiva della transizione ecologica. I territori dove verranno installati dovranno inoltre esse­re coinvolti nelle decisioni e adeguatamente compensati per l’impatto economico e sociale attraverso l’istituzione di un fondo ad hoc.

In particolare, proponiamo che venga istituito per tutte le infrastrutture legate a servizi di cui benefici l’intero Paese, ma che possono generare significativi impat­ti locali di tipo socio-economico o ambientale, l’istituzione di un “Fondo Nazionale Compensativo Anti-Nimby”, finalizzato proprio alle politiche di compensazione nel dialogo costruttivo con i territori e alimentato, per una quota, da un versamento di tutte le imprese che operano nella costruzione di infrastrutture sul territorio nazio­nale e che sono assegnatarie di appalti pubblici.

Il nostro piano per la transizione ecologica si prospetta tanto come nuova politica industriale quanto come nuove politiche pubbliche di welfare.

È composto dalle nostre misure prioritarie citate in apertura e da molti altri interventi perché la transizione verde si configura di fatto come un riorientamento del nostro intero sistema produttivo.

Per questo nella nostra proposta di riforma fiscale verde prevediamo una premialità fiscale per le imprese a elevato rating ESG (ambientale, sociale e di governance) ed estenderemo il piano “Transizione 4.0” agli investimenti green delle imprese. Inoltre, ridurremo progressivamente i sussidi dannosi per l’ambiente e adegueremo – a parità di gettito - le strutture e le aliquote della tassazione indiretta, in coerenza con l’European Green Deal e con la disciplina europea armonizzata dell’accisa, nonché del bollo auto, in funzione degli obiettivi di progressivo azzeramento delle emissioni di CO2.

Metteremo in campo diversi strumenti per realizzare gli obiettivi di efficientamento energetico a partire da un nuovo un bonus rigenerazione casa che sostituisce il su­perbonus e che avrà un orizzonte temporale certo (fino al 2030) e offrirà incentivi tra il 70% e 110% (in base alla soglie ISEE) per la rigenerazione energetica e sismi­ca degli immobili. L’incentivo del 110 % attualmente in vigore verrà mantenuto solo per le persone sotto la soglia ISEE in particolare nei condomini.

Sulle rinnovabili vogliamo continuare sulla strada della semplificazione e dell’ac­celerazione per l’installazione di nuovi impianti e il repowering degli esistenti, specie a servizio delle attività produttive sul modello della “green belt”. Istituiremo un fondo per le comunità energetiche rinnovabili che coinvolgono le PMI in progetti capaci coniugare di sostenibilità ambientale e sociale.

Al cuore delle nostre proposte, infatti, è la ferma convinzione che giustizia socia­le e protezione ambientale oggi possono e devono rafforzarsi a vicenda. Oltre al contratto luce sociale, vogliamo fornire gratuitamente alle famiglie in difficoltà coi costi delle bollette pannelli fotovoltaici da balcone per abbattere i costi dell’ener­gia elettrica e investire ulteriormente sul fronte della produzione da rinnovabili. A livello europeo, chiediamo di istituire un piano SURE2, un nuovo fondo finanziato da debito comune per sostenere i lavoratori i cui impieghi sono a rischio, prevedendo un focus specifico sui settori colpiti dalla transizione verde; continueremo inoltre a chiedere maggiore impegno perché il fondo europeo per una transizione giusta sia pienamente effettivo e dotato delle risorse necessarie, anche per poter lanciare nuovi progetti per la formazione continua e lo sviluppo delle competenze richieste dai nuovi lavori green.

La transizione ambientale sarà possibile solo se sarà desiderabile: se le persone sa­ranno costrette a scegliere tra il timore per la fine del mondo e quello per la fine del mese, sarà sempre il secondo a prevalere. Per questo introdurremo anche adeguate compensazioni per le famiglie e le imprese più vulnerabili in funzione di una tran­sizione ecologica socialmente equa e sostenibile.

Di fronte all’impatto ormai devastante dei cambiamenti climatici è necessario investi­re in prevenzione e manutenzione del territorio, con misure più efficaci di contrasto al dissesto idrogeologico e di gestione dell’acqua, anche per fronteggiare l’emer­genza siccità. Rafforzare gli strumenti di governance in materia di difesa del suolo, la realizzazione di interventi di efficientamento delle reti idriche e di invasi per trattenere l’acqua in eccesso, di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e di investimento sul sistema dei Parchi e delle aree protette terrestre e marine, quali presidi di cura del territorio e veri motori di sviluppo locale. Oggi una priorità è dare attuazione al Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico, con un’attenzione specifica alle città che sono colpite in modo particolare dagli effetti della crisi climatica e dai problemi di in­quinamento atmosferico.

Lo sviluppo dell’economia circolare è un altro ambito strategico dove si coniugano protezione dell’ambiente, qualità della vita e sviluppo economico. L’Italia vive la con­traddizione di percentuali di riciclaggio altissime in alcune aree del Paese e una dif­ficilissima gestione dei rifiuti in altri territori, con ripercussioni sul benessere delle persone. Lo sblocco immediato dei decreti sull’end of waste e la realizzazione di nuovi impianti moderni ed efficienti sono i primi passi per rafforzare la posizione di leadership dell’Italia nell’economia circolare, area nella quale possiamo già vantare un’eccellenza. Ma oltre a continuare a potenziare la raccolta differenziata (soprattutto nelle aree del Paese dove ancora si è indietro rispetto ai target europei), sarà anche necessario aiutare il nostro sistema industriale nella fase di design, per guidare un processo di innovazione che porti alla realizzazione di prodotti costruiti per durare più a lungo e per essere più facili da riparare, riutilizzare e recuperare.

Nella stessa ottica di integrazione di sostenibilità ambientale e sociale, vogliamo pro­muovere la mobilità sostenibile nelle città e nelle aree vaste, avvicinando finalmente l’Italia alle realtà più moderne in Europa. Un cambiamento da un lato non più rinviabile per contrastare la crisi climatica e favorire la transizione ecologica di uno dei settori a più alte emissioni, dall’altro lato spinto anche dalle trasformazioni che la pandemia ha portato alla mobilità e alle strade nell’ottica della prossimità, di una maggiore demo­crazia dello spazio pubblico, di una migliore qualità della vita.

Per questo, un capitolo fondamentale riguarda sicuramente la mobilità sostenibile. Intendiamo accelerare e potenziare gli investimenti europei e nazionali per l’aumento delle reti e dei servizi di trasporti pubblici rapidi di massa (metrò, tranvie, treni metro­politani), la riconversione ecologica della flotta dei bus e dei veicoli privati e merci, la realizzazione di ciclovie urbane e turistiche, lo sviluppo dei servizi di mobilità elettri­ca, condivisa e innovativa. Attenzione particolare merita il completamento delle trat­te ferroviarie ad alta velocità e alta capacità già programmate e il potenziamento del piano sulle linee regionali, completando i raddoppi di linea e l’upgrading tecnologico. Si tratta di investimenti infrastrutturali decisivi anche per accelerare la migrazione dal trasporto delle merci su gomma al ferro e all’acqua. Parallelamente occorre accele rare lo sviluppo di tecnologie per lo stoccaggio di energia lungo le autostrade e la rete viaria principale e secondaria.

Insieme alle infrastrutture, riteniamo decisive le politiche per ridurre il costo dei tra­sporti per le famiglie in questa ondata inflattiva e nello stesso tempo accompagnare i cittadini verso nuove abitudini di mobilità più economiche ed ecologiche: introdur­remo incentivi per il ‘bike to work’, anche sulla scorta delle sperimentazioni già avviate da Regioni e Comuni che governiamo. Punteremo sullo sviluppo della Mobilità come Servizio Integrato (Mobility as a Service), che incentivi la condivisione dei dati pubblici sulle condizioni del trasporto intermodale, incluso l’impatto ambientale delle tecnolo­gie impiegate e l’offerta di biglietti unici, predisposti da intermediari online, per tratte che utilizzino più mezzi di trasporto, da articolare e organizzare in base alle esigenze e alle preferenze degli utenti.

Allo stesso tempo, il nostro tessuto industriale deve essere messo nella condizione di poter investire nella transizione verde senza subire la concorrenza sleale delle imprese estere sottoposte a standard ambientali meno stringenti. L’unico modo per farlo è attraverso strumenti internazionali di nuova generazione, primo tra tutti il mec­canismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM, Carbon Border Adjust­ment Mechanism), che abbiamo fortemente voluto e difeso dall’attacco delle destre. Grazie alla CBAM, le merci prodotte extra-UE risparmiando sui costi di produzione a scapito dell’ambiente saranno tassate all’ingresso nel mercato unico europeo, così da proteggere al tempo stesse le nostre ambizioni climatiche e la nostra economia.

Accanto alle misure di protezione, Next Generation EU e il PNRR hanno già messo in campo ingenti risorse per sostenere il nostro tessuto industriale negli sforzi di tran­sizione e permettere alle nostre imprese di continuare ad eccellere a livello interna­zionale e di mantenere il proprio ruolo di leadership lungo le catene globali del valore. Questi interventi sono fondamentali in particolar modo per i settori strategici e trai­nanti della nostra economia, a partire dall’automotive che non può essere lasciato solo di fronte al cambio di paradigma in corso: le imprese della filiera, fortemente specia­lizzate nella componentistica, devono essere sostenute nel percorso di innovazione e transizione per poter continuare a rispondere alle richieste dei propri clienti, sempre più attenti al tema sostenibilità; rallentare gli investimenti nell’elettrico significa pur­troppo condannare le nostre imprese ad esser presto espulse dalle catene internazio­nali di fornitura. Il nostro obiettivo deve invece essere quello di metterle nella condi­zione di continuare a essere leader di mercato. Proprio per questo, l’impegno a portare a termine gli investimenti del PNRR è necessario per assicurarci che il nostro tessuto produttivo possa vincere la sfida della transizione ambientale. Investimenti strategici come quelli per la formazione delle competenze richieste dal nuovo modello di svilup­po che stiamo costruendo o quelli sulla filiera dell’idrogeno si inseriscono all’interno di questo quadro, per sostenere tutte le aziende (comprese quelle dei settori cosiddetti hard to abate) a rispondere alle nuove sensibilità di clienti e consumatori. Poi, non possiamo parlare di transizione ecologica senza considerare i grandi temi della biodiversità e della protezione degli animali e della fauna selvatica. Vogliamo portare avanti con convinzione la strategia europea sulla biodiversità, che è un ele­mento portante dello European Green Deal, realizzando l’obiettivo europeo di incre­mento al 30% delle aree protette. Rafforzeremo la protezione sulle aree naturali, realizzando una efficace rete per il recupero della fauna ferita con un numero unico d’intervento, attuando i divieti di importazione, detenzione e commercializzazione di animali esotici e superando l’uso degli animali in circhi e spettacoli viaggianti. Paralle­lamente, metteremo in campo un nuovo piano per la gestione di ungulati e fauna sel­vatica, capace di rispondere alle esigenze di chi ogni giorno vive questi territori e crea sviluppo. La legislazione nazionale ed europea assegna alla caccia, attraverso il buon governo degli Ambiti territoriali di caccia e dei Comprensori Alpini, un ruolo primario della gestione della fauna selvatica e del ripristino degli habitat. Non è un caso che nei comitati di gestione degli Atc si ritrovano a lavorare, fianco a fianco, rappresentanti dei cacciatori, degli agricoltori, degli ambientalisti e degli enti locali. È una prerogativa tutta italiana il principio cardine della legge 157 che tutela la fauna come patrimonio indisponibile dello Stato e salvaguarda cosi, insieme all’articolo 842 del codice civile, il sistema pubblicistico del nostro Paese. Si tratta ora di capire, attraverso una relazione da discutere in Parlamento, se l’attuazione della legge ha prodotto i risultati attesi o ha palesato limiti. È il momento di fare questa discussione per procedere ad un eventuale perfezionamento della normativa.

L’Italia è ai vertici d’Europa per tasso di biodiversità. Non è solo un dovere civico difen­derla ma anche economico poiché evoca bellezza, paesaggio, buona gestione. E dove c’è tutto questo si evidenziano le eccellenze delle nostre produzioni famose in tutto il mondo con il marchio del ‘Made in Italy’. La biodiversità è anche un valore economico. Per questo il mondo della caccia può esercitare un ruolo da protagonista evitando di cadere nella trappola strumentale e ideologica, alimentata dalla destra, di chi promet­te tutto o niente. I cacciatori possono essere protagonisti della conservazione am­bientale se fanno funzionare bene gli strumenti che hanno a disposizione.

Infine, proponiamo un Piano nazionale delle spiagge italiane, che metta al centro sostenibilità ambientale, qualità e accessibilità anche alle persone con disabilità: in­tendiamo realizzare un censimento affidabile delle concessioni balneari esistenti, garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge e premiare la qualità delle gestioni in concessione, combattendo abusivismo e illegalità. Nei meccanismi di rinnovo delle concessioni balneari dovrà essere prevista una adeguata valorizzazione delle imprese dei concessionari uscenti, nel rispetto della normativa UE, e dovranno essere garantiti gli standard occupazionali e una adeguata remunerazione delle con­cessioni, rivolta prioritariamente ai necessari interventi di contrasto all’erosione delle coste, agli investimenti in interventi di adattamento dei litorali al cambiamento clima­tico e alla fruibilità libera e gratuita delle spiagge.

 

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