L’ alleanza tra generazioni che il segretario Zingaretti ha lanciato qualche settimana fa, risponde alla necessità di porre le basi affinché parte importante delle risorse del recovery found vengano impiegate nella più grande infrastruttura sociale: l’unica che può consentire uguali opportunità di crescita dei nostri giovani e del Paese.

Il primo grande investimento da fare infatti è sui giovani e sul valore del capitale umano, soprattutto affinché il debito che stiamo contraendo oggi non diventi solo un peso sulle spalle delle nuove generazioni.
Azioni concrete ci chiede l’Europa. Non petizioni di principio, non desideri astratti. Bene. Noi sappiamo esattamente come concretizzare la nostra visione del Paese, alla cui base c’è una visione di scuola, educazione ed istruzione equa, inclusiva e democratica.

Cominciamo dal passo fondamentale.
È necessario portare l’investimento sull’istruzione dal 3,6% al 5% del PIL nei prossimi 4 anni per adeguarci ai livelli di spesa europei.
Per farne cosa?
Al primo punto del patto generazionale il segretario mette i primi mille giorni di vita del bambino, appunto per aumentare i posti dell’ asilo nido, nella ferma convinzione del significato altamente educativo della frequenza di un nido d’infanzia, non solo come opportunità di crescita, di benessere, di gioco, ma soprattutto di sviluppo cognitivo e di strumento per rimuovere ogni ostacolo al successo formativo derivante da condizioni socio-economiche. La diffusione del servizio educativo 0-3 è fortemente carente nelle regioni del Sud (in particolare Calabria, Campania e Sicilia) ove a stento soddisfa il 10% di utenti.
Il costo è stimabile in 2,5 milioni di euro per ogni nuovo edificio scolastico da adibire a nido, con ricadute positive oltre che sui bambini, che dovrebbero avere eguali diritti ovunque, anche sul lavoro delle donne, che nella crisi da Covid hanno pagato il prezzo più alto.

Altro punto caratterizzante il patto generazionale riguarda la formazione gratuita: dal nido all’università. L’istruzione non può essere un costo sulle spalle delle famiglie. Noi abbiamo cominciato dalle rette per i nidi, ora è indispensabile combattere la povertà educativa, che si è aggravata con la crisi da covid, azzerando i costi dell’istruzione fino all’università per tutte le famiglie italiane con redditi medio/bassi, cominciando dalla gratuità della mensa scolastica, del trasporto pubblico, delle tasse universitarie e dei libri di testo.
Non è azione concreta questa?

E non è concreto e non più procrastinabile un piano per potenziare la digitalizzazione in tutte le case per favorire le connessioni digitali delle famiglie più fragili?
L’idea di inserire il diritto alla connessione nel testo della Costituzione repubblicana va nella direzione di colmare quei divari digitali che abbiamo toccato con mano durante la didattica a distanza e che un Paese civile ed avanzato non può permettersi. L’obiettivo è arrivare entro il 2022 alla copertura del 100% delle famiglie italiane con possibilità di connessione a banda ultralarga. Queste sono solo alcune delle misure da mettere in atto subito, per impedire che, in alcune parti del Paese, l’istruzione da diritto diventi un lusso.
Facciamo nostro l’appello del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che, nel presentare un rapporto sull’impatto della chiusura di scuole, istituti e università nel mondo, ha invitato i governi ad investire generosamente in istruzione per uscire dalla “più grande catastrofe generazionale di tutti i tempi”.
E su questo dovremmo lottare tutti insieme, senza divisioni politiche, territoriali o sociali, perché vincere questa scommessa è l’unica possibilità che abbiamo per la difesa di un preziosissimo bene comune.

Camilla Sgambato è responsabile Scuola nella segreteria nazionale del Pd
da immagina.eu

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