Sono in peggioramento i dati sulla povertà assoluta, sia tra le famiglie, sia tra i giovani: lo certifica il rapporto ‘Povertà assoluta e spese per consumi – Stime preliminari 2023’, che Istat ha presentato il 25 marzo. Secondo le stime dell’Istituto di statistica, l’incidenza di povertà assoluta è pari all’8,5% tra le famiglie (8,3% nel 2022) e al 9,8% tra gli individui (9,7% nel 2022), interessando oltre 2 milioni 234mila famiglie, e 5 milioni 752mila individui. Dato record sui minori: nel 2023, l’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori raggiunge il 14% (pari a 1,3 milioni), segnando il valore più alto dal 2014.
In peggioramento l’incidenza della povertà assoluta individuale al Nord
Al Mezzogiorno il dato peggiore, sono 866mila famiglie a essere coinvolte, il 10,3% del totale, seguito dal Nord (8,0%, un milione di famiglie) e dal Centro (6,8%, 365mila famiglie). L’incidenza individuale conferma un Sud che mostra i valori più elevati (12,1%), sebbene, rispetto al 2022, il Nord faccia registrare un peggioramento (9% dall`8,5%; 2,4 milioni di persone).
L’aumento della povertà fra i lavoratori dipendenti, che “raggiunge il 9,1%, dall’8,3% del 2022, riguardando oltre 944 mila famiglie” è un segnale d’allarme e preoccupazione, e impone di certo una riflessione attenta sulla condizione del mondo del lavoro, e dei lavoratori. Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria nazionale del Pd sottolinea quanto i dati proposti da Istat nel suo rapporto “mostrano due drammatici record relativi al lavoro povero. La povertà assoluta cresce tra le famiglie con persona di riferimento occupata, raggiungendo il valore più alto dell’intera serie storica, dal 2014. Fortissimo è in particolare il peggioramento per le famiglie in cui la persona di riferimento è un lavoratore dipendente: sono povere il 9,1% di queste famiglie nel 2023 (contro al già altissimo valore di 8,3% del 2022). Anche in questo caso il valore più alto della serie”.
“Lavoro e povero non devono più stare insieme”, afferma Guerra. “Per questo continueremo a batterci per il salario minimo legale, che questa maggioranza cerca di mettere su un binario morto, per contrastare la precarietà, che il governo amplia, ampliando le possibilità di ricorso ai lavori a termine, in somministrazione, ai voucher e alla catena degli appalti e subappalti, per i rinnovi contrattuali che tardano mentre l’inflazione si mangia salari e stipendi. Le tre piaghe da cui dipende questa gravissima situazione.”
“Le scelte del governo, tra tutte la cancellazione di uno strumento di reddito minimo universale, avranno un impatto drammatico sulle famiglie“, commenta la senatrice Pd Annamaria Furlan, componente della commissione Lavoro e Politiche Sociali. “I numeri Istat ci dicono che la povertà in Italia continua a crescere a livelli record, 5,7 milioni di persone, condizionata anche dall’andamento dell’inflazione e dai rincari dei costi energetici. La spesa media mensile è cresciuta, in meno di dieci anni, dell’8 per cento – sottolinea Furlan -. Un problema che deve essere affrontato con misure strutturali, esattamente il contrario di ciò che ha fatto il Governo Meloni nell’ultimo anno. Continuano a nascondere i numeri dell’assegno d’inclusione per celare il fallimento delle loro scelte. E le decisioni assunte con l’ultima finanziaria – conclude la senatrice Pd – graveranno sulle famiglie in difficoltà in termini di servizi sanitari, povertà educativa e crescita occupazionale”.
I dati presentati dall’ISTAT ieri ci segnalano un dato allarmante: nel 2023 l’Italia ha raggiunto il record della povertà assoluta, con 5,7 milioni di persone afflitte da condizioni di precarietà.
Ecco l’ennesimo risultato da manuale del Governo Meloni, che, dopo aver affossato il salario minimo e tagliato i fondi a pensioni e alla sanità pubblica, continua a fare la guerra ai poveri invece che alla povertà.